Le scartoffie

Una parte del lavoro che piace meno agli insegnanti è sicuramente quella burocratica che consiste nel produrre documenti, programmazioni, relazioni, verbali praticamente per qualunque cosa. Alcuni docenti si sentono così oberati da tali scartoffie che arrivano ad affermare di non riuscire a fare bene il proprio lavoro con i ragazzi, che è l’unico che conta davvero, perché gran parte del loro tempo è assorbito dall’espletare pratiche burocratiche. Questo senso di soffocamento deriva dal fatto che forse si mette una cura maniacale nella compilazione dei vari documenti, temendo che qualcuno ci venga a contestare chissà quale dettaglio fuori posto.

In realtà, a parte il caso di qualche preside particolarmente diligente, quasi mai i vari documenti vengono passati al setaccio e quasi sempre è sufficiente svolgere tale parte del lavoro in maniera dignitosa. In alcuni casi, comunque limitati, non vengono nemmeno letti frettolosamente e i controllori verificano solo che siano stati consegnati.

A tal proposito è indicativo il racconto di un collega che fino a qualche anno fa inseriva sempre nella sua programmazione di italiano un brano tratto dai Promessi Sposi senza che nessuno dei presidi che aveva avuto se ne fosse mai accorto. Un giorno, un dirigente che era evidentemente più ligio, lo fece chiamare per chiedergli come mai all’interno della programmazione ci fosse un passo del capolavoro di Manzoni e lui rispose soddisfatto che erano anni che lo inseriva e finalmente qualcuno se ne era accorto.

La scuola media orientativa

Da quando la scuola secondaria di I grado, la vecchia scuola media, è diventata più marcatamente orientativa e meno selettiva, si cerca maggiormente di considerare l’alunno da valutare in modo globale, tenendo conto non solo dei risultati che riesce ad ottenere ma anche di tutte le eventuali problematiche personali, psicologiche e familiari che possono rendergli difficile l’apprendimento. Sicuramente è un approccio corretto che dovrebbe permettere di capire meglio il ragazzo e cercare di trovare le strategie migliori per motivarlo allo studio.

Talvolta però si tende ad esagerare in questa ricerca quasi ossessiva di giustificazioni e si finisce con il promuovere anche alunni che forse sarebbe meglio trattenere. Una collega con una certa esperienza che ho conosciuto i primi anni della mia carriera aveva esemplificato in modo molto pregnante tale atteggiamento: “Uno perché è bianco, uno perché è nero; uno perché è brutto, l’altro perché è bello; quello perché è basso, questo perché è alto; quello perché ha i genitori separati, questo perché ce l’ha ancora che stanno insieme; uno è figlio unico, l’altro ha troppi fratelli; quello perché è troppo intelligente, questo perché non ci arriva; uno perché gli stanno addosso, l’altro perché non c’è nessuno che lo segue; quello perché è timido, questo perché è esuberante; c’è sempre un motivo per giustificare un ragazzo e mandarlo avanti anche se non se lo meriterebbe.”

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