Ritorno in Capraia

Quando andai in Capraia la prima volta, oltre vent’anni fa, l’isola era stata da poco aperta ai turisti, dopo aver ospitato per quasi un secolo una colonia penale.

Pochissime strutture accoglievano il visitatore e l’unica strada asfaltata si spengeva dopo poche centinaia di metri dal porto per trasformarsi nella polverosa striscia di terra che arrivava fino al paese.

Poi, solo sentieri attraverso i quali a piedi si potevano raggiungere l’interno e le calette rocciose che caraterizzavano l’isola.

Dopo oltre due decenni, la presenza di un albergo e diversi affittacamere sono la spia di un maggior afflusso di turisti ma sia la distanza dalla terraferma sia l’inospitalità delle sue coste, praticamente prive di spiagge, hanno preservato l’integrità di questa perla dell’arcipelago toscano, circondata da acque cristalline.

Così l’essere umano che rifugge i lidi troppo affollati e i molesti schiamazzi tipici delle estive località di mare, qui può trovare ritmi più lenti, scanditi dall’arrivo dell’unico traghetto giornaliero; arrivare in calette dove poche persone, rispettose dell’ambiente circostante, si avventurano e si siedono su spartane lastre di roccia o aguzzi scogli; farsi inebriare dal profumo dell’elicrisio, particolarmente intenso in primavera; dall’alto affacciarsi sul golfo dove placide imbarcazioni si muovono lente intorno al porto; percorrere sentieri nell’interno e immergersi nella natura più selvaggia dove, ad un certo punto, quasi per magia, tutti i rumori scompaiono, anche quello lieve del vento e si può fare l’esperienza del Silenzio, quello vero, quasi stordente per le nostre orecchie, totalmente disabituate alla completa assenza di ogni suono.

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