L’alunno indistinto

Anna Maria Arvia

Con la chiusura delle scuole e l’introduzione della didattica a distanza, il concetto di alunno nell’immaginario del docente si è arricchito di nuove tonalità.

Abituati alla dicotomia presente-assente della scuola in carne ed ossa, gli insegnanti si sono trovati più di una volta davanti a situazioni un po’ più sfumate che hanno dato vita a una serie di stadi intermedi che non avevano mai sperimentato prima.

Così, specialmente nei primi tempi, ma anche dopo a dir la verità, c’era sempre qualcuno che, nonostante le indicazioni tecniche, i video-tutorial, le spiegazioni personalizzate, smarrivano il codice per accedere alla lezione e vagavano tra le stanze della scuola virtuale senza riuscire ad imboccare la porta della propria classe.

Ogni tanto qualche compagno caritatevole andava loro in soccorso facendogli pervenire l’imperscrutabile stringa alfanumerica che rappresentava la chiave di accesso all’aula. Quando lo veniva a sapere era l’insegnante che provvedeva a raccogliere la smarrita pecorella…

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La didattica distante

Anna Maria Arvia

Volenti o nolenti tutti gli insegnanti di Italia hanno dovuto fare i conti con la didattica a distanza, persino quelli che avevano sempre alzato le barricate davanti alle dilaganti innovazioni tecnologiche e quelli che accendevano un computer solo se minacciati di morte.

Anche gli alunni dovevano subire la stessa sorte dei docenti e la maggior parte di loro si è adattata alla nuova modalità mostrando curiosità per l’inaspettata novità ma anche serietà nel continuare a seguire i dettami dell’insegnante, anche se arrivavano attraverso un’immagine malferma e non sempre in modo intellegibile.

Una parte dei ragazzi, invece, che a scuola frequentavano in modo non esattamente assiduo ma neanche troppo irregolare, si sono persi nei meandri delle difficoltà di collegamento e l’inadeguatezza dei device, che talvolta dovevano condividere con altri fratelli in età scolare o genitori costretti a lavorare da casa.

Le scuole, attraverso la figura-tuttofare dell’insegnante ha cercato di far fronte…

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Le classi- lazzaretto

Anna Maria Arvia

Nei mesi invernali, quando i malanni di stagione si fanno più numerosi, i raffreddori si uniscono ai mal di gola e la tosse sgorga copiosa dalle cavità orali degli alunni, le classi assomigliano sempre di più a ricoveri per influenzati che a un ritrovo di discenti.

I genitori impegnati nel lavoro, infatti, spesso preferiscono mandare a scuola i propri fanciulli anche se le condizioni di salute non sono ottimali, magari imbottiti di farmaci per ridurre i sintomi della malattia, sperando che resistano per tutto l’arco della mattina.

Se il malanno è leggero, pur galleggiando per tutte e cinque le ore in uno stato di lieve stordimento, riescono a tornare a casa in modo autonomo. Accade più spesso però che a circa metà mattinata, o anche prima, l’allievo ammorbato cominci a lamentare mal di testa sempre più forte, dolori generici alla pancia o alle articolazioni e qualcuno tornerà dal bagno affermando…

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Le innovazioni tecnologiche

Anna Maria Arvia

Una delle tante riforme della scuola, di cui quasi ogni nuovo governo rivendica la propria come foriera di cambiamenti decisivi, ha introdotto l’utilizzo di strumenti informatici di supporto alla didattica che possono andare dai portatili al tablet fino al massiccio acquisto delle famigerate LIM, le lavagne multimediali. Tali lavagne, che dovevano portare cambiamenti epocali nel modo di insegnare dei vetusti docenti italiani, hanno cominciato ad essere sempre più numerose nelle scuole. Anche le realtà scolastiche più periferiche e smarrite nel nulla, magari con edifici vecchi e non particolarmente a norma, potevano vantare la loro brava LIM che riscuoteva in genere grande successo tra gli alunni, un po’ meno tra alcuni insegnanti che vedevano quasi con sospetto questo straripare della tecnologia nelle loro aule.

Le LIM di prima generazione purtroppo diventarono rapidamente obsolete per il fatto che, quando si rompeva una delle componenti, difficilmente si riusciva a trovare il pezzo di…

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Il docente indolente

Anna Maria Arvia

La stragrande maggioranza dei docenti con cui sono entrata in contatto in questi anni svolgevano il proprio lavoro senza risparmiarsi e con grande professionalità, ma, come in ogni categoria, anche tra gli insegnanti ogni tanto se ne trova qualcuno non particolarmente zelante.

Tra questi ci sono sicuramente gli assenteisti seriali che, accampando ora una scusa ora un’altra, non si presentano troppo spesso a lavoro, costringendo i coordinatori di plesso ad acrobazie per cercare di coprire le varie classi orfani del loro insegnante. Non parlo ovviamente di chi ha problemi in famiglia, o di salute, o bambini piccoli che si ammalato, bensì di persone che sembrano non avere particolari problemi ma che fanno assenze a macchia di leopardo, non in maniera continuativa quindi, in modo tale che non sia possibile neanche chiamare supplenti esterni alla scuola.

Di questa categoria ricordo sicuramente Ciccio, un ragazzo campano che aveva messo a punto tutta…

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Apprendimento creativo

Anna Maria Arvia

Difficilmente un
docente si illude che i suoi alunni apprendano tutto ciò che egli,
faticosamente e consumando buona parte della sua voce, cerca di
trasmettere loro ma, talvolta, quello che restituiscono i ragazzi nei
compiti e nelle interrogazioni raggiunge notevoli punte di
creatività.

Se
si ha la fortuna di insegnare geografia si vedranno i vari stati
ricollocati sulla carta in modo piuttosto diverso rispetto alla
realtà, talvolta raggiungendo livelli quasi grotteschi, per cui non
saprai più se ridere o disperarti per il totale fallimento della tua
funzione di insegnante.

Così magari ti
riferiranno che il Portogallo si trova nel nord Europa perché ha un
clima atlantico e che l’Islanda fa parte della penisola scandinava
visto che il libro di testo, incautamente, ne ha parlato nello stesso
capitolo.

Non
considero nemmeno degna di nota l’inversione del mar Caspio e del Mar
Nero visto che sono così vicini che sbagliarsi è quasi…

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Le custodi egemoni

Anna Maria Arvia

Nel corso delle mie varie peregrinazioni di scuola in scuola quando ero precaria, ho avuto modo di sperimentare diverse categorie umane. Per quanto concerne il variegato mondo dei bidelli che con il potere che deriva dal fatto di possedere le chiavi, aprono e chiudono gli edifici scolastici, mi sono imbattuta anche nel sotto-gruppo delle custodi egemoni.

Tali
signore, in genere di una certa età ma non piegate dagli anni, si
impongono con la loro mole considerevole e la voce stentorea a tutti
i frequentatori della scuola, alunni, genitori e anche insegnanti.

Può capitare infatti che un gruppo di docenti, che si diriga candidamente per una riunione pomeridiana verso un’aula vuota, venga redarguito in maniera brusca perché nella stanza prescelta è stato appena lavato il pavimento.

Oppure un insegnante venga preso a male parole perché, secondo la matrona scolastica di turno, la classe che lui e gli alunni hanno appena lasciato…

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La gita scolastica

Anna Maria Arvia

Un momento molto importante per i ragazzi, atteso per tutto l’anno, è rappresentato dal viaggio di istruzione. Per i docenti accompagnatori, invece, lo scopo principale della gita sarà tornare a casa vivi, possibilmente riportando indietro tutti i partecipanti.

La gita in genere si svolge così. I genitori portano i loro pargoletti la mattina presto nel luogo concordato per la partenza, li raccomandano agli insegnanti, li salutano affettuosamente magari con una stretta al cuore e poi se ne vanno pensando già a quando chiamarli per sentire dove sono, cosa fanno, se hanno mangiato, ecc.

Quando siamo riusciti a mettere a sedere tutti i gitanti, aver fatto l’appello e impartito le raccomandazioni del caso (come quella di non alzarsi in piedi durante il tragitto), si parte. Ben presto si leva un brusio che piano piano aumenta sempre di più e dopo poco cominci ad avvertire i primi segnali del mal di testa…

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Ritorno in Capraia

Quando andai in Capraia la prima volta, oltre vent’anni fa, l’isola era stata da poco aperta ai turisti, dopo aver ospitato per quasi un secolo una colonia penale.

Pochissime strutture accoglievano il visitatore e l’unica strada asfaltata si spengeva dopo poche centinaia di metri dal porto per trasformarsi nella polverosa striscia di terra che arrivava fino al paese.

Poi, solo sentieri attraverso i quali a piedi si potevano raggiungere l’interno e le calette rocciose che caraterizzavano l’isola.

Dopo oltre due decenni, la presenza di un albergo e diversi affittacamere sono la spia di un maggior afflusso di turisti ma sia la distanza dalla terraferma sia l’inospitalità delle sue coste, praticamente prive di spiagge, hanno preservato l’integrità di questa perla dell’arcipelago toscano, circondata da acque cristalline.

Così l’essere umano che rifugge i lidi troppo affollati e i molesti schiamazzi tipici delle estive località di mare, qui può trovare ritmi più lenti, scanditi dall’arrivo dell’unico traghetto giornaliero; arrivare in calette dove poche persone, rispettose dell’ambiente circostante, si avventurano e si siedono su spartane lastre di roccia o aguzzi scogli; farsi inebriare dal profumo dell’elicrisio, particolarmente intenso in primavera; dall’alto affacciarsi sul golfo dove placide imbarcazioni si muovono lente intorno al porto; percorrere sentieri nell’interno e immergersi nella natura più selvaggia dove, ad un certo punto, quasi per magia, tutti i rumori scompaiono, anche quello lieve del vento e si può fare l’esperienza del Silenzio, quello vero, quasi stordente per le nostre orecchie, totalmente disabituate alla completa assenza di ogni suono.

Siviglia e Cordoba: perle dell’Andalusia

L’Andalusia è una regione sempre inondata dal sole, in ogni stagione dell’anno. Ma se in estate le alte temperature rendono il viaggio faticoso e a tratti disagevole, in inverno possiamo attraversare queste terre con un clima quasi sempre mite e senza l’incertezza delle condizioni meteorologiche che caratterizzano altre mete invernali (almeno nel nostro continente).

Tra le città più belle dell’Andalusia c’è Siviglia, il capoluogo della regione. Il centro storico è abbastanza raccolto e si può visitare tutto a piedi, godendo delle bellezze del luogo come l’imponente cattedrale, una delle più grandi al mondo, il suo campanile, ex minareto, la torre dell’oro e la maestosa forma semicircolare della Plaza de Espaňa.

Ma a Siviglia ci si può perdere anche tra gli stretti vicoli del centro, ammirarne gli scorci, farsi sorprendere dalle piazzette che si aprono all’improvviso, quasi sempre allietati dai caldi colori degli aranceti. E ancora i parchi e i grandi spazzi verdi, le passeggiate lungo il Guadalquivir, fermarsi a bere o a mangiare tapas nei numerosi bar all’aperto, confortati dalla sensazione di trovarsi a casa e non in un paese straniero.

Prenotando in tempo, è possibile visitare l’Alcazàr, antica fortezza araba e poi palazzo reale, dove la mescolanza tra stile islamico e occidentale ha prodotto un’alchimia di architettura, colori e decorazioni che sorprendono profondamente il visitatore.

Con quaranta minuti di treno veloce da Siviglia, si arriva a Cordoba, altra perla dell’Andalusia. Dalla stazione, attraversando giardini e perdendosi nel reticolato di stradine e piazzette del quartiere ebraico, si arriva alla Mezquita, un edificio immenso dove l’architettura islamica si mescola con quella cristiana. Dopo aver attraversato il Patio de los Naranjos, il cortile della arance, varcato l’ingresso, ci si trova immersi in una moltitudine di snelle colonne, sormontate da doppie arcate che creano un effetto moltiplicatore che allarga lo spazio donandoci una vaga percezione dell’infinito.

La meraviglia che investe il visitatore lo spinge a percorrere in lungo e in largo questa foresta di 856 colonne, rapito dalla loro linearità e dalla fuga prospettica, smarrendosi tra le 19 navate dove si possono ammirare altri elementi di architettura araba come il mihrab, che indica ai fedeli il luogo verso cui pregare.

In origine le colonne erano 1293 ma, quando Cordoba fu riconquistata dai cristiani, la moschea fu convertita in cattedrale, abbattendo la parte centrale per far posto ad un miscuglio architettonico gotico-rinascimentale-barocco, sontuoso ma sacrilego perché ha causato la rottura dell’unità del bosco di colonne.