Le
maestre si erano fatte l’idea che i professori avessero paura di
mettersi in gioco e volessero mantenere sempre la loro puzza sotto il
naso. Ma alla fine, dicevano, anche loro farebbero meglio a scendere
dal piedistallo. A questo proposito, la maestra Maria, una delle
veterane della scuola, nonché tra le più fedeli seguaci del Senza
Soma, raccontò un episodio che era accaduto l’anno precedente:
“Un
bambino di nome Carlo aveva finito la quinta elementare e aveva
cominciato la scuola media. Come molti altri, i suoi genitori si
erano separati e lui soffriva molto di questa separazione, anche
perché sia la madre che il padre si erano rifatti una nuova vita e
lui aveva la sensazione di essere messo in secondo piano rispetto ai
fratelli più piccoli. A volte in classe faceva commenti inopportuni
verso i compagni ma tutto sommato, almeno alla primaria, ci
sembravano comportamenti che rientravano nella normalità. Verso la
metà dello scorso anno, parlando con alcuni insegnanti delle medie,
venne fuori che Carlo aveva cominciato a prendere in giro
pesantemente un nuovo compagno che era stato inserito da poco nella
classe, in quanto proveniente da un’altra provincia. Questi era un
po’ grassottello e goffo e pare che Carlo avesse trascinato con sé
anche diversi bambini della classe per cui si era creata una
situazione quasi di persecuzione nei confronti del nuovo arrivato.
Ora,
a parte che non mi capacito di come un bambino tutto sommato corretto
come Carlo possa arrivare a tanto, ma penso che il motivo sia da
ricercare nell’ impostazione rigida dei professori, i quali non hanno
saputo creare il clima giusto per una corretta convivenza.
Tra
l’altro io sono rimasta in buoni rapporti con Carlo. Pensa che un
giorno mi ha mandato una foto di una nota che gli aveva fatto uno
degli insegnanti meno sensibili e, pensa un po’, la nota conteneva un
errore ortografico!
Durante
una riunione con i docenti delle medie, non ho potuto fare a meno di
farlo notare e loro si sono scandalizzati del comportamento del loro
alunno, affermando tra l’altro, che non era possibile che il loro
collega avesse fatto un errore di ortografia. Secondo qualcuno era
più probabile che fosse stato Carlo a modificare il testo della nota
per mettere in cattiva luce il troppo punitivo docente. Ma vi rendete
conto? A che punto può arrivare la presunzione di questi
professori?”
Candida
aveva ascoltato con attenzione questo resoconto dell’accaduto. Si
fidava di quello che diceva la maestra ma rimase un po’ perplessa
sulla modalità con cui la foto era arrivata a lei. Questo episodio
comunque non scalfì minimamente il suo ottimismo e si preparò a
cominciare il nuovo anno scolastico, armata dei nuovi strumenti che
gli aveva fornito il Senza Soma.
Il
primo giorno di scuola della nuova era del suo insegnamento, entrò
nell’ampio ingresso di una scuola di recente costruzione. La luce
entrava copiosa dalle grandi vetrate, gli arredi e i colori creavano
una sensazione di rilassamento e armonia. Fuori, un giardino ben
curato rendeva gradevole la vista dalle finestre delle aule, oltre
che piacevole giocare in mezzo al verde.
Le
scuole scalcinate e spesso antiestetiche dove era stata fino ad ora,
erano lontane anni luce.
A
Carla era stata assegnata una seconda e una quinta, quindi due classi
che già conoscevano il Senza Soma e per questo avrebbe e avuto il
lavoro semplificato, pensando che si sarebbe dovuto inserire in un
meccanismo già oliato.
Alla
sua domanda se fossero presenti casi particolari, le colleghe
risposero in maniera piuttosto evasiva, accennando solo ad alcuni
bambini un po’ difficili, ma come ce ne erano in tutte le classi. Si
soffermarono solo su due fratelli, di cui il maschio frequentava la
seconda, che venivano da una famiglia molto numerosa e un po’
disagiata, non solo economicamente. Non avevano avuto una vera e
propria educazione e talvolta erano difficili da gestire.
Ma
con il metodo Senza Soma, le dissero, si poteva trovare una soluzione
a questi problemi. Per esempio mettendolo a fare lavori o giochi
alternativi alla didattica della classe. Entrambi i due fratelli
comunque erano seguiti da un insegnante di sostegno molto esperta che
le avrebbe fornito tutti i particolari e eventualmente dato qualche
consiglio.
Ma
era il momento di cominciare. La mattinata cominciava con un’adunata
di tutti i bambini all’ ingresso della scuola, nello spazio chiamato
Agorà, dove ogni mattina venivano lette alcune pagine di un libro
che i bambini ascoltavano in religioso silenzio. Questo momento
funzionava come camera di decompressione tra l’esterno e l’ingresso
vero e proprio nella classe, dove molto gradualmente sarebbero
cominciate le attività didattiche.
I
primi giorni Candida lo dedicò alla conoscenza dei bambini e a
creare un ambiente il più rilassato possibile, quindi senza troppe
forzature, permettendo loro di sedersi dove preferivano. Dopo qualche
settimana, cominciò a disporre i bambini intorno ai tavoli cercando
di formare dei gruppi più o meno omogenei per poter lavorare per
livelli, come veniva raccomandato dalle linee-guida del Senza Soma.
Tutto sembrava svolgere in modo tranquillo ma notò che, quando
voleva spostare gli alunni, qualcuno protestava e obbediva solo dopo
che lei aveva insistito parecchio. Candida cercava di motivare sempre
i suoi cambiamenti come si conviene ad un metodo che mette al centro
il dialogo con i bambini e la collaborazione, ma non sempre le
argomentazioni risultavano efficaci.
Ma
Candida era convinta della bontà del modello che aveva svelto e
pensava che con il tempo sarebbe stata in grado di comunicare in modo
più efficace, applicando al meglio il Senza Soma per il bene dei
bambini.
Dopo
alcune settimane ebbe anche la sensazione che gli alunni che si
trovava davanti fossero meno empatici rispetto ad altri avuti nel
passato, nonostante il metodo di insegnamento fosse più tradizionale
e quindi più gravoso per loro. Ma cercò di cacciare subito questa
impressione, attribuendola al fatto che ancora non la conoscevano
bene e magari si erano affezionati alla maestra dello scorso anno che
si era trasferita altrove.
Del
resto si trovava nella migliore delle scuole possibili.
Con
il passare del tempo, cominciarono ad emergere alcuni casi
particolari. Il primo a farsi notare fu Marco, il bambino
appartenente alla famiglia disagiata, il quale era molto affettuoso e
anche voglioso di fare bella figura con le maestre, ma aveva evidenti
difficoltà di apprendimento, che frustravano i suoi tentativi.
Inoltre, aveva anche momenti in cui diventava poco gestibile in
classe e chiedeva in continuazione di uscire.
Candida
si era consultata con l’insegnante di sostegno, una signora molto
disponibile e con un grande bagaglio di esperienze, con cui avevano
studiato alcune strategie per permettere a Marco di rimanere in
classe, magari svolgendo attività alternative. Quindi, aiutato a
turno anche da qualche suo compagno, gli venivano proposti alcuni
giochi presenti negli angoli della classe, in cui doveva fare più
un’attività manipolativa, che lo stancata meno rispetto a quello
della classe. Se seguito da un insegnante, Matteo svolgeva con
piacere queste attività e dimostrava di ricercare sempre il rapporto
con l’adulto.
Ma
quando non era possibile seguirlo individualmente perché non era
presente la maestra di sostegno e la maestra della classe doveva
seguire gli altri, dopo poco smetteva di fare ogni attività anche la
più semplice. Anche quando venivano svolte attività comuni a tutta
la classe più laboratoriali, come semplici attività musicali o
artistiche o di movimento, Marco non riusciva ad interagire
correttamente con i compagni e prima o poi finiva col dire o fare
qualcosa che urtava la sensibilità degli altri e talvolta finivano a
male parole, se non a botte.
Ma
nonostante questi problemi, Marco dimostrava di essere un bambino
buono che, con l’intervento dell’ adulto, riusciva a ragionare e a
comportarsi meglio. Almeno fino all’ episodio successivo.
Non
era però l’unico caso particolare.
Nella
classe di Matteo, la più problematica, c’era anche Sara, una
bambina che aveva sempre l’aria un po’ insofferente e sembrava non
trovarsi a suo agio in classe. Sara aveva espressivi occhi neri che
distoglieva non appena cercavi di entrare in relazione con lei. Non
aveva alcuna problematica particolare ma sembrava vivere un disagio
che forse le veniva dalla famiglia, anche nel suo caso numerosa. Al
contrario di Marco, lei era sempre pulita e vestita nel migliore dei
modi, talvolta addirittura era venuta a scuola con un po’ di trucco
sugli occhi.
La
madre, interrogata al riguardo, si era giustificata dicendo che una
mattina Sara si era introdotta in camera sua e aveva usato i suoi
trucchi. Era quasi l’ora del pulmino e non aveva fatto in tempo a
ripulirle il viso. Probabilmente era piuttosto abile a scivolare in
camera della madre proprio a ridosso dell’ ora di partenza, visto che
il trucco sul viso era comparso più di una volta.
Rimase
invece sorpresa della presunta irrequietezza della figlia, affermando
che a casa era sempre serena e tranquilla e non aveva mai riscontrato
problemi con le sorelle più grandi né con il fratello più piccolo.
La
maestra di sostegno della classe disse invece a Candida che qualche
volta Sara si era lamentata del fatto che a casa non la considerasse
nessuno e spesso litigasse con le sorelle. Era difficile sapere a che
punto si trovasse la verità ma spesso i bambini si esprimono senza
troppi filtri. Probabilmente Sara aveva un carattere molto forte e
mal tollerava questa situazione domestica che comunque era comune a
molte famiglie numerose.
Durante
l’anno, la bambina talvolta discuteva con le compagne e ogni tanto
rispondeva male anche alle maestre. Candida sperava con il tempo di
riuscire ad entrare in sintonia con lei, magari lasciandole più
spazio, rispetto agli altri. Ma più spazio le veniva concesso, più
se ne prendeva. Verso metà anno cominciò ad uscire dalla classe
sempre più spesso, senza controllare se il semaforo fosse verde e
cominciò a trattenersi in bagno sempre di più a lungo, al punto che
ogni tanto la maestra la doveva andare a cercare. A volte trovava
qualche altro bambino problematico di altre classi e si intratteneva
con loro, ritardando sempre di più il momento di tornare in classe.
Era diventato difficile gestirla e, quando non c’era la compresenza
della insegnante di sostegno, Candida aveva difficoltà a gestire la
situazione, dovendo anche seguire gli altri bambini. Tra l’altro
c’era sempre Marco che, se preso da solo, si riusciva a trovare il
modo di ammansirlo ma se trovava una sponda diventava molto difficile
addomesticarlo.
Ma
non era finita qui. Un altro bambino aveva attirato l’attenzione
della maestra fin dall’ inizio a causa del suo sguardo triste e duro
insieme. Si trattava di Gabriele, un bambino adottato che sembrava
portare su di sé tutte le ferite del periodo trascorso nella casa
famiglia. Per tutto il primo mese, non creò grossi problemi, anzi
sembrava fare un grosso sforzo per impegnarsi e lavorare come tutti
gli altri. Ma, nonostante le maestre cercassero di aiutarlo e
sostenerlo quando si trovava in difficoltà, ad un certo punto
cominciò a vivere il fatto di non riuscire a stare al passo con gli
altri come un fallimento e manifestò segni di irrequietezza sempre
maggiori.
Non
riusciva ad interagire bene con i suoi compagni con i quali aveva un
rapporto conflittuale, a parte con un bambino più debole
caratterialmente che sembrava subire la sua personalità e che
acconsentiva a tutte le sue richieste, costringendolo ad avere a che
fare solo con lui, escludendo completamente gli altri.
Con
il tempo anche lui tendeva ad uscire sempre più spesso e,
approfittando dei momenti meno strutturati, che erano numerosi nella
scuola Senza Soma, tendeva ad allontanarsi dalla sua classe e a
vagare per la scuola, portandosi dietro anche Sara e Marco che non
aspettavano altro.
Candida
sentì che la situazione le stava sfuggendo di mano e non capiva come
mai in altre scuole non si fosse mai trovata ad avere a che fare con
casi così poco gestibili. Tra l’altro il modello Senza Soma doveva
garantire una situazione di benessere per tutti i bambini, grazie
alla personalizzazione degli apprendimenti, all’accoglienza, al
dialogo. Forse non aveva recepito bene le indicazioni del Senza Soma,
oppure era stata solo sfortunata ed aveva trovato elementi
particolarmente difficili? Non riusciva a darsi una spiegazione.
Quando
aveva consultato la collega di matematica che condivideva con lei le
due classi, si era sentita ribadire i principi che già conosceva. Le
aveva chiesto se anche lei avesse riscontrato gli stessi problemi e
la risposta era stata negativa: erano bambini con qualche difficoltà
ma si potevano gestire, nessuna situazione veramente difficile.
Giunse
allora alla conclusione che il problema era lei è la sua scarsa
esperienza o incapacità di entrare nei meccanismi del Senza Soma.
La
collega di sostegno vedendola che si stava abbattendo sempre di più
cercò di sostenerla e darle una mano:
“È
vero che queste situazioni sono esplose quest’anno, ma erano presenti
tutte le condizioni perché questo accadesse. I bambini in questione
hanno sicuramente dei problemi, chi più chi meno, ma in questo caso
il fatto di non avere delle regole ferme ha fatto sì che
diventassero sempre più privi di controllo con il risultato che
abbiamo oggi”
In
realtà le norme di comportamento venivano fornite ai bambini, anzi
venivano scritte con loro in modo che fossero maggiormente condivise,
ma non esistevano vere e proprie sanzioni se qualcuno non le
rispettava, a parte punizioni molto blande ed evidentemente non
adeguate in questi casi limite.
Intanto
il malessere di Candida aumentava sempre di più. Da qualche tempo
dormiva male la notte, svegliandosi spesso in preda all’ansia di
doversi recare sul posto di lavoro la mattina successiva. Ad un certo
punto cominciò ad avere giramenti di testa che si manifestavano
quando la giornata a scuola era stata particolarmente difficile.
Prima di andare a casa doveva sedersi su una sedia e cercare di
riprendersi perché il rischio di cadere era molto concreto.
Un
giorno in cui la situazione era stata particolarmente esasperante,
tornò a casa e andò a controllare se i termini per la richiesta di
trasferimento fossero scaduti.
Per
fortuna mancava ancora qualche giorno ma doveva affrettarsi. Si
sedette davanti al computer e non si alzò fino al quando la
richiesta non ebbe esito positivo.
Aveva
indicato molte scuole, anche distanti, pur di essere sicura che
glielo avrebbero concesso.