Dante Alighieri- Inferno- Canto X- Cavalcante Cavalcanti, vv. 52-72

Allor surse a la vista scoperchiata
un’ombra, lungo questa, infino al mento:
credo che s’era in ginocchie levata. 54

Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s’altri era meco;
e poi che ’l sospecciar fu tutto spento, 57

piangendo disse: «Se per questo cieco
carcere vai per altezza d’ingegno,
mio figlio ov’è? e perché non è teco?». 60

E io a lui: «Da me stesso non vegno:
colui ch’attende là, per qui mi mena
forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 63

Le sue parole e ’l modo de la pena
m’avean di costui già letto il nome;
però fu la risposta così piena. 66

Di subito drizzato gridò: «Come?
dicesti “elli ebbe”? non viv’elli ancora?
non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». 69

Quando s’accorse d’alcuna dimora
ch’io facea dinanzi a la risposta,
supin ricadde e più non parve fora. 72

Parafrasi

A quel punto apparve fuori dall’apertura dell’arca

un’ombra, accanto a Farinata, visibile fino al mento:

credo che si fosse alzato sulle ginocchia.

Guardò intorno a me, come se desiderio

avesse di vedere se qualcun altro fosse con me;

e dopo che il dubbio fu del tutto sopito,

disse piangendo: “Se attraverso questo buia

prigione vai per l’altezza del tuo ingegno,

dov’è mio figlio? E perché non è con te?”

Ed io a lui: “Non vengo per mia volontà e mio merito:

colui che attende là (Virgilio) mi guida attraverso questo luogo

forse a colei che (Beatrice, simbolo della fede) il vostro Guido ebbe in disprezzo”.

Le sue parole e il tipo della pena

mi avevano di costui già fatto comprendere il nome;

perciò fu la (mia) risposta così esplicita.

Immediatamente drizzatosi in piedi gridò: ”Come

hai detto? Egli ebbe? Egli non vive ancora?

Non ferisce i suoi occhi la dolce luce del sole?”

Quando si accorse che qualche indugio

mostravo prima di rispondere,

cadde riverso e non apparve più.

Piccolo commento

Ci troviamo nel cerchio degli eretici e in questo canto Dante si concentra sugli epicurei. Con questo termine, all’epoca di Dante, si definivano coloro i quali negavano l’immortalità dell’anima.

Tra questi troviamo Farinata degli Uberti, grande capo ghibellino che si opponeva alla parte guelfa a cui apparteneva Dante; e Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido, poeta e caro amico di Dante.

Cavalcante è sicuro che l’ingegno del figlio lo renda degno del viaggio ultraterreno al pari di Dante. Questi gli risponde che la sua venuta è stata possibile non per i suoi meriti ma per essersi affidato ad una guida Celeste (Beatrice, simbolo della fede) che Guido, essendo eretico, forse ha disdegnato.

Così come con Farinata, anche in questo caso la giustizia di Dio colpisce l’attaccamento ai beni e alle passioni terreni e prolunga in eterno l’angoscia di questi uomini che avevano rifiutato nel presente la dimensione dell’eterno.

Gli eretici sono chiusi in sepolcri arroventati. Sono puniti col fuoco nell’Inferno, come nel mondo vengono mandati al rogo.

GIACOMO LEOPARDI – L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.