Dante Alighieri- Purgatorio- Canto XXIV- Bonagiunta e il Dolce stil novo, vv. 49-63

Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore
trasse le nove rime, cominciando
Donne ch’avete intelletto d’amore’». 51

E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando». 54

«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo
che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo! 57

Io veggio ben come le vostre penne
di retro al dittator sen vanno strette,
che de le nostre certo non avvenne; 60

e qual più a gradire oltre si mette,
non vede più da l’uno a l’altro stilo»;
e, quasi contentato, si tacette. 63

Parafrasi

Ma dimmi se vedo qui davanti a me colui che inventò

un nuovo modo di far poesia, con la canzone che comincia

Donne ch’avete intelletto d’amore’ “.

E io a lui: “ Io sono uno che quando

Amore mi ispira prendo nota, e nel modo

che (questo) detta dentro di me riporto fedelmente”.

“ Fratello, ora vedo”, rispose egli” l’impedimento

che il Notaro (Giacomo da Lentini), Guittone (d’Arezzo) e me

tenne lontano dal dolce stil novo che io sento.

Vedo bene come le vostre penne

dietro al dettatore (l’Amore) si tengono strette,

la qual cosa non avvenne con le nostre (penne);

e colui che si accingesse a procedere oltre (leggendo in modo superficiale)

non vedrebbe differenza tra l’uno e l’altro stile”

E, come se fosse soddisfatto, tacque.

Piccolo commento

Siamo nella cornice dei golosi colpevoli di eccessivo amore per il cibo e le bevande: sono tormentati da fame e sete continua, stimolata dal profumo di dolci frutti che pendono da due alberi e da una fonte d’acqua che sgorga dalla roccia.

Tra i golosi Dante incontra Bonagiunta Orbicciani, vissuto a Lucca, iniziatore della scuola poetica Siculo-Toscana.

Egli si rivolge a Dante chiedendogli se è proprio lui ad aver iniziato le nove rime, con la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore contenuta nel cap. XIX della Vita Nuova.
Dante risponde dicendo di essere un poeta che, quando scrive, è ispirato direttamente da amore e compone sotto la sua dettatura.

Bonagiunta a questo punto dichiara di aver compreso qual è il nodo che ha trattenuto lui, Giacomo da Lentini e Guittone di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo. È questa l’unica attestazione del termine Dolce stil novo, che è stata quindi estesa alla maniera poetica iniziata da Guinizelli e ripresa da Dante e Cavalcanti a Firenze, alla fine del Duecento.

Con lo Stilnovo si afferma un nuovo concetto di amore impossibile nonché un nuovo concetto di donna, concepita adesso come donna angelo, donna angelica: la donna, nella visione stilnovistica, ha la funzione di indirizzare l’animo dell’uomo verso la sua nobilitazione e sublimazione: quella dell’Amore assoluto identificabile pressoché con l’immagine della purezza di Dio

A livello stilistico, lo stile poetico dello Stilnovo è caratterizzato da rime dolci e piane, segnate da una profonda cantabilità del verso.

EUGENIO MONTALE- I LIMONI

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rurnorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

UNGARETTI- POESIE DI GUERRA

SONO UNA CREATURA

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo.





SAN MARTINO DEL CARSO

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

É il mio cuore
il paese più straziato.


SOLDATI


Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

Bertolt Brecht- Antigone

Esci dalla penombra e cammina

davanti a noi un poco,

gentile, con il passo leggero

della donna risoluta a tutto, terribile

per i terribili.

Distolta a forza, io so

come temevi la morte, ma

ancora più ti faceva orrore

la vita indegna.

E non fosti indulgente

in nulla verso i potenti, e non scendesti

a patti con gli intriganti, e non

dimenticasti mai l’ingiuria e sui loro

misfatti non crebbe mai l’erba.

Paul Verlaine – Arte Poetica

La musica prima di tutto
e dunque scegli il metro dispari
più vago e più lieve,
niente in lui di maestoso e greve.

Occorre inoltre che tu scelga
le parole con qualche imprecisione:
nulla di più amato del canto ambiguo
dove all’esatto si unisce l’incerto.

Son gli occhi belli dietro alle velette,
l’immenso dì che vibra a mezzogiorno,
e per un cielo d’autunno intepidito
l’azzurro opaco delle chiare stelle!

Perché ancora bramiamo sfumature,
sfumatura soltanto, non colore!
Oh! lo sfumato soltanto accompagna
il sogno al sogno e il corno al flauto!

Fuggi più che puoi il Frizzo assassino,
il crudele Motteggio e il Riso impuro
che fanno lacrimare l’occhio dell’Azzurro,
e tutto quest’aglio di bassa cucina!

Giuseppe Ungaretti- Selezione di poesie

STASERA

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia.

NATALE

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare.

ALLEGRIA DI NAUFRAGI

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare.

Sandro Penna- Poesie della leggerezza

Io vivere vorrei addormentato

Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita. 



Il mare è tutto azzurro

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.



E' bello lavorare

E’ bello lavorare

nel buio di una stanza

con la testa in vacanza

lungo un azzurro mare.

Scuola

Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
di collegiali. Chini
sui libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre.

Due poesie di Quasimodo

SALVATORE QUASIMODO- Antico inverno

Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole.
Un po’ di sole, una raggera d’angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d’aria al mattino.

Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

Giorgio Caproni

Maggio

Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all'odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall'osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di maggio! E come alle folate
calde dall'erba risollevi i prati
ilari di chiarore, alle briose
tue arie, sopra i volti illuminati
a nuovo, una speranza di grandiose
notti più umane scalda i delicati
occhi, ed il sangue, alle giovani spose.

Versi quasi ecologici

Non uccidete il mare, 
la libellula, il vento. 
Non soffocate il lamento 
(il canto!) del lamantino. 
Il galagone, il pino: 
anche di questo è fatto 
l’uomo. E chi per profitto vile 
fulmina un pesce, un fiume, 
non fatelo cavaliere 
del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba 
e l’acqua muore. Dove 
sparendo la foresta 
e l’aria verde, chi resta 
sospira nel sempre più vasto 
paese guasto: Come 
potrebbe tornare a essere bella, 
scomparso l’uomo, la terra»


Baudelaire- L’albatro e il poeta

Charles Baudelaire – L’ALBATRO

Spesso, per divertirsi, le ciurme
catturano degli albatri, marini grandi uccelli,
che seguono, pigri compagni di viaggio,
il veliero che scivola sugli amari abissi.
E li hanno appena deposti sul ponte,
che questi re dell’azzurro, impotenti e vergognosi,
abbandonano malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai loro fianchi.
Questo alato viaggiatore, com’è goffo e leggero!
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!
Il poeta è come il principe delle nuvole
Che abituato alla tempesta ride dell’arciere;
esiliato sulla terra fra gli scherni,
non riesce a camminare per le sue ali di gigante.