Il professor
Berretti insegnava Latino e Italiano in un liceo della città. Era un
signore sulla cinquantina con la pancia prominente e la testa ormai
priva di capelli. Non aveva l’aria distinta di certi insegnanti di
una volta, ma la sua presenza si faceva sentire soprattutto per i
decibel che sprigionava quando qualcuno, alunni, colleghi o genitori,
lo facevano irritare.
Per questo motivo
era noto a tutti con il soprannome di Berretuono e anche lui esibiva
con un misurato orgoglio tale appellativo.
Berretuono aveva
un’alta considerazione del suo lavoro, trascorreva interi pomeriggi a
preparare le lezioni che doveva svolgere in classe e anche la scelta
dei temi da dare agli alunni gli portava via moltissimo tempo. Se
qualcuno dei suoi amici o conoscenti gli faceva notare che forse
queste attività potevano essere svolte in tempi più rapidi, andava
su tutte le furie, facendo impennare il tono della voce e dichiarando
che il suo era un lavoro serio che andava fatto nel migliore dei
modi.
Ovviamente
pretendeva la stessa meticolosità e dedizione anche dagli alunni e,
se qualcuno non era preparato a dovere o, peggio, cercava di
arrabattarsi arrampicandosi sugli specchi, investiva il malcapitato
con un grido così imponente che tutti i vetri della scuola
sembravano risentirne.
Quando spiegava
qualche argomento pretendeva il silenzio assoluto e se, per qualche
riprovevole motivo, in una delle classi circostanti si levava un
vociare o qualcuno spostava i banchi magari perché dovevano fare un
compito, Berretuono usciva di colpo dall’aula e si lanciava verso la
fonte di tali schiamazzi e li riduceva al silenzio con somma gioia
del docente preposto ai rei alunni.
Si racconta che una
volta, durante il ricevimento mattutino, venne al colloquio un famoso
avvocato della città il cui figlio era stato ripreso in malo modo da
Berretuono. Il zelante genitore aveva chiesto, cercando di
controllarsi, il motivo di tale atteggiamento nei confronti del
fanciullo al docente che aveva spiegato in modo più calmo possibile
che l’alunno gli aveva mancato di rispetto.
Il padre premuroso
aveva cercato di giustificare l’atteggiamento del ragazzo e aveva
fatto intendere al professore che forse aveva avuto una reazione
esagerata. Ma poiché questi non accennava a redimersi e anzi
cominciava palesemente ad irritarsi, il professionista affermato tirò
fuori la sua arma segreta ed esclamò con aria sostenuta: “Lei non
sa chi sono io!”.
Al che il docente
rispose con tutta la potenza di fuoco della sua voce: “Non me ne
importa niente di chi è lei!”
E il genitore
arrogante dovette suonare la ritirata.