Ray Bradbury- “Fahrenheit 451”

Fahrenheit 451 è un romanzo di fantascienza del 1953, scritto da Ray Bradbury

Ambientato in un imprecisato futuro, vi si descrive una società distopica in cui è considerato reato leggere o possedere libri, visti come strumenti che potrebbero spingere gli uomini a pensare e maturare una coscienza critica verso la società in cui vivono.

Per contrastare questo fenomeno, i vigili del fuoco (firemen in inglese) avranno il compito non di spegnere gli incendi, ma di appiccarli dove si trovano libri e bruciare le case di coloro che li posseggano.

Il titolo del romanzo si riferisce a quella che Bradbury riteneva essere la temperatura di accensione della carta.

Il protagonista, Guy Montag, fa il pompiere, come un tempo suo padre e suo nonno. Inizialmente sembra convinto della bontà del suo lavoro ma l’incontro con una ragazza, sua vicina di casa, gli fa prendere consapevolezza dell’esistenza alienata che conduce.

La moglie sembra trovare la vitalità solo in mezzo a schermi televisivi giganti con i quali può interagire in un perenne talk show dove tutti gridano frasi superficiali e stereotipate. Per il resto il loro rapporto sembra essere quasi inesistente.

La ragazza ad un certo punto scompare ma Montag inizia a chiedersi cosa contengano i libri e perché le persone rischino la libertà e la loro vita: l’incontro con un’anziana donna che preferisce bruciare nella sua casa anziché abbandonare i libri lo sconvolge completamente.

Comincia a portarsi dei libri a casa, ne legge alcuni e vi trova una ricchezza insospettabile. Ma il capitano della sua squadra si rende conto che qualcosa non va in lui e, prima cerca di convincerlo a cambiare idea, poi una notte lo porta proprio davanti a casa sua ad appiccare un incendio. Infatti la moglie, spaventata dal ritrovamento dei libri nell’abitazione, lo ha denunciato.

La situazione precipita e alla fine Montag riesce a rifugiarsi lontano dalla città in un posto vicino al fiume dove si è formata una comunità di uomini che custodiscono nella loro memoria ognuno un libro. Sono la vera memoria culturale dell’umanità che sta per sprofondare nel baratro di una guerra catastrofica. Gli uomini-libro saranno la base da cui ripartire perché la società ciclicamente si inabissa ma poi trova sempre il modo di riemergere.

Un libro visionario e sempre attuale. Assolutamente da leggere, anche per i meno appassionati del genere. L’unico appunto che mi sento di fare è sul linguaggio che a tratti mi sembra ridondante e non particolarmente asciutto. Ma forse è solo un gusto personale.

Riguardo l’idea che ha dato inizio al romanzo, sicuramente Bradbury da adolescente fu inorridito dal rogo dei libri del regime nazista e, in seguito, dalla feroce repressione di Stalin che coinvolse anche numerosi poeti e scrittori, ritenuti pericolosi per la sopravvivenza del regime.

Ma Fahrenheit 451, a differenza di 1984 di Orwell, è una critica soprattutto nei confronti dei regimi democratici, basato su un sempre più invadente consumo di massa e sulla dittatura dei mass media. Bisogna considerare anche che negli anni Cinquanta negli Stati Uniti dominava il maccartismo, un clima di caccia alle streghe in cui chiunque fosse sospettato di avere anche solo simpatie comuniste spesso veniva messo sotto processo, perdendo lavoro e dignità.

Maurizio Barbarisi – “Scrittura creativa. Istruzioni per l’uso”

Maurizio Barbarisi gestisce il blog letterario “Briciolanellatte Weblog” che raccoglie, oltre a moltissimi articoli che riguardano la scrittura, più di ottocento storie minime, diverse delle quali vincitrici di concorsi.

Dalla sua esperienza come scrittore che negli anni ha perfezionato sempre di più arrivando ad una notevole perfezione formale, nasce questo manuale molto utile sia per chi si sta accostando alla scrittura sia per chi già scrive e vuole migliorare la sua tecnica.

Barbarisi, per costruire il suo edificio, parte dalle fondamenta, mettendo in rilievo che lo scrittore non possa prescindere da alcuni elementi basilari come:

-avere un buon patrimonio di libri letti alle spalle e continuare a leggerli, anche libri su come scrivere, soprattutto se di grandi autori;

– possedere un’appropriata conoscenza della grammatica e sintassi;

– saper ascoltare, osservare, essere curiosi

– esercitarsi a scrivere quanto più è possibile

– avere passione e una discreta fantasia

Il talento è sicuramente importante, afferma, ma sono pochi quelli che davvero lo posseggono. Il vero motore della scrittura è la passione che ci spinge a conoscere a fondo gli autori che leggiamo e ad esercitarsi a scrivere possibilmente tutti i giorni. Raccomanda di non perdersi d’animo: con il duro lavoro e la ricerca continua si riescono a raggiungere buoni risultati.

Molto importante anche consultare un buon vocabolario, non dando per scontato di conoscere il significato delle parole. A volte il controllo sul dizionario può riservare delle sorprese.

Bisogna diventare pienamente consapevoli del valore della parola usata.

Barbarisi si sofferma su numerose questioni: da considerazioni generali sulla scrittura alla spiegazione di come nasce il pensiero creativo, da quelle squisitamente tecniche a veri e propri suggerimenti su come creare storie o superare il blocco dello scrittore, con semplici esercizi pratici che ognuno può mettere in pratica.

Riguardo la punteggiatura, per esempio, afferma che dovrà essere leggera, morbida, così rispettosa del ritmo della frase da risultare praticamente invisibile. Chi legge deve scorrere il testo con naturalezza.

Se in un testo stai mettendo la quarta virgola nella stessa frase significa o che la frase è troppo lunga o che stai esagerando con le virgole.

Il testo risponde a diversi dubbi che possono venire a chi scrive: da come si usano le virgolette alla differenza tra il trattino breve o lungo, dall’opportunità di utilizzare i puntini di sospensione a quello delle parentesi (per fare alcuni esempi), in un impianto che prevede capitoli brevi e facilmente consultabili ogni volta che lo desideriamo.

Lo scrittore si deve creare una sua officina delle idee. Spesso il processo creativo è dovuto al caso. Ma non bisogna aspettare l’ispirazione, ma mettersi nella condizione di essere ricettivi.

E’ necessario dedicare alla scrittura tempo e spazio appositi quasi come dei burocrati della penna, magari iniziando alla stessa ora, nello stesso ambiente, ecc.

Simenon, per esempio,scriveva tra le nove alle tredici ore al giorno.

Infatti più si scrive più si stimola la fantasia, creando una certa abitudine alla scrittura.

Una semplice idea per farsi venire delle buone idee può essere quella di rileggere ciò che già si è scritto. Potrebbe venirti in mente uno spin-off, una costola del racconto che sviluppa un personaggio o una certa situazione

Conserva gli spunti non finiti in un luogo sicuro, assegnando un nome creativo alla cartella, come ad esempio “pensatoio” o “Officina delle idee”.

Inoltre sarà utile scegliersi un luogo tranquillo, un luogo dell’anima in cui ti senti rilassato ma anche pieno di stimoli, es. la musica o il cinguettio degli uccelli. Può essere anche un luogo immaginario se in casa non è possibile trovare quello adatto. Anche camminare può servire per trovare nuovi stimoli e idee.

Fondamentale è mettersi in ascolto della propria emotività e creatività. Azzerare la razionalità. Importanza della predisposizione mentale, oltre all’ambiente.

Pensarci prima di andare a dormire. Il cervello potrebbe rielaborare nei sogni questa idea. Sarebbe importante annotarsi i sogni la mattina. Se ci alleniamo a farlo, ce li ricorderemo sempre meglio e potrebbero costituire un serbatoio infinito di materiale utile. Accostamenti curiosi, stimolanti dal punto di vista ideativo.

Utilizzare le letture altrui non per copiarle ma per farsi stimolare intellettualmente.

Scorrendo nella lettura troverete suggerimenti sulla costruzione del personaggio, dei dialoghi, la spiegazione delle tecniche narrative e sull’importanza del ritmo per tenere incollato il lettore alla vostra storia. Sono presenti indicazioni su come iniziare o concludere il vostro racconto e su come correggerlo, oltre ad esercizi per sviluppare la propria creatività.

Questi sono solo alcune delle tematiche affrontate in questo testo che non ha niente da invidiare, per ricchezza e competenza dell’autore, ai manuali di scrittura più quotati. Un manuale molto chiaro e alla portata di tutti ma da leggere e rileggere per comprendere fino in fondo tutti le questioni concernenti la scrittura, che non è una attività semplice ma che può dare grande soddisfazione a chi vi si dedica con passione e abnegazione.

Nell’ultima parte è riportata una selezione di racconti pubblicati dall’autore. Una lettura molto piacevole.

“Le meraviglie del duemila” di Emilio Salgari

Le meraviglie del duemila è un romanzo pubblicato nel 1907 da Emilio Salgari, considerato il testo più importante della protofantascienza italiana. Salgari è noto soprattutto come scrittore di avventure, ambientate generalmente nell’epoca a lui contemporanea. Le meraviglie del duemila rappresenta una significativa eccezione con cui lo scrittore veronese da una parte si rifà alla tradizione dei viaggi fantastici, dall’altra risente dell’interesse del Futurismo per le macchine e le nuove invenzioni di quegli anni.

È la storia di due uomini che, grazie alla scoperta di un principio attivo di una strana pianta esotica che sospende le funzioni vitali, riescono a fare un lungo sonno che li condurrà dal 1903 al 2003, ritrovandosi a vivere in una società profondamente cambiata

Potranno così conoscere un mondo popolato da macchine volanti, treni sotterranei e velocissimi, città sottomarine e molte altre invenzioni che destano in loro meraviglia e ammirazione. Gli uomini del futuro sono in contatto con i marziani, con i quali hanno buoni rapporti, ed entrambi i popoli conoscono il volo interplanetario.

Salgari immagina un mondo interconnesso dove le distanze sono ridotte grazie all’efficienza dei nuovi mezzi di comunicazione e le nuove invenzioni apparentemente sembrano aver migliorato la qualità della vita degli esseri umani. Ma per i due “uomini del novecento”, Brandok e il dottor Toby, i ritmi sono troppo frenetici e l’elettricità che permea in continuazione l’aria provoca loro tremori e malesseri che diventeranno sempre meno sopportabili.

L’autore indugia anche sulle descrizioni di fenomeni naturali come eruzioni vulcaniche, tornadi e mari in tempesta che sembrano richiamare una sensibilità romantica per la loro grandiosità e potenza distruttiva. Ma i due protagonisti hanno l’impressione che la violenza di tali eventi naturali non siano paragonabili a quelli conosciuti nella loro epoca, come se l’azione dell’uomo avesse reso le furie della natura ancora più devastanti.

Chi si oppone alla società contemporanea che sembra così perfetta, viene considerato un pericoloso terrorista e deportato in isole in mezzo all’oceano che vengono autogestite dai criminali stessi. Se questi non dovessero seguire le regole, la loro terra verrebbe affondata in modo rapido grazie alle potenti armi sviluppate dagli uomini nel corso degli anni.

Salgari in questo romanzo mette in guardia sui rischi nascosti nel progresso scientifico incontrollato e critica l’eccessivo ottimismo dell’uomo nelle sue capacità di migliorare il mondo. Per questi motivi Le meraviglie del duemila si può collocare più nel filone distopico che utopico in quanto narra un mondo apparentemente perfetto ma che nasconde contraddizioni e molti rischi per la salute e la sopravvivenza stessa dell’uomo stesso, soprattutto per la presenza di armi talmente potenti da causarne la sua estinzione.

Un romanzo di una certa attualità.

La teoria bioenergetica

Alexander Lowen, medico e psicoanalista vissuto nel Novecento, coniò il termine “bioenergia”.

Nel “Il linguaggio del corpo”, pubblicato nel 2003, spiega come è arrivato alla formulazione della sua teoria, riportando anche diversi esempi di pazienti che ha curato.

Nell’introduzione del libro Lowen afferma che al giorno d’oggi si assiste ad una critica alla psicoanalisi che deriva dal fatto che i risultati ottenuti con questa terapia non sono soddisfacenti. Infatti alcuni pazienti migliorano, molti vi trovano sollievo ma non si arriva spesso ai cambiamenti del comportamento e del sentimento che sono auspicati.

Sono molti anche i pazienti che dopo anni di terapie, anche con analisti diversi, non risolvono in nessun modo i loro problemi.

Lowen afferma che il limite della psicoanalisi consiste nel fatto che l’analista si occupa di sensazioni e percezioni corporee a livello verbale e mentale.

Secondo lui, l’organismo vivente invece si esprime più che con le parole con il movimento, con i gesti, con le pose che assume. Lo studio del corpo può costituire un materiale altrettanto valido dei sogni, dei lapsus e della libera associazione.

Lowen dice che “nella sua espressione emotiva l’individuo è un’unità. Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce; è l’individuo che si esprime”.

Per essere più efficace, afferma ancora Lowen, la terapia analitica dovrebbe preoccuparsi sia della comprensione che del movimento. I principi che formano la struttura di questo nuovo approccio costituiscono quello che chiama Analisi e Terapia Bioenergetica.

L’ipotesi su cui si basa questa teoria è che nel corpo umano è presente un’energia vitale che può manifestarsi sia in fenomeni psichici che in movimenti somatici. Questa energia la possiamo definire “bioenergia”. I processi psichici e quelli somatici sono determinati dall’azione della bioenergia e tutti i processi vitali si possono ridurre a sue manifestazioni.

La terapia bioenergetica combina il principio dell’attività a livello somatico con la pratica analitica a livello psichico. Entrambe queste attività sono fondamentali. L’unità del metodo è garantita dall’attenzione al carattere, che esprime gli aspetti sia somatici che psichici della personalità.

Poiché esprimiamo la nostra personalità o carattere in ogni azione e atteggiamento, diventa possibile determinare i tratti caratteristici da espressioni quali l’incedere di una persona, la sua grafia, ecc.

Ovviamente l’analista bioenergetico non deve farsi influenzare da una singola manifestazione.

L’elemento più importante è l’aspetto fisico, sia in riposo che in movimento. Nessuna parola è chiara quanto il linguaggio del corpo, quando si impara a leggerlo.

Le gambe e i piedi, pur avendo altre funzioni, sono le fondamenta della struttura dell’Io. Attraverso le gambe e i piedi prendiamo contatto con la sola realtà invariabile della nostra vita, la terra.

La mancanza di contato con i piedi e il suolo è collegata a un sintomo comune: l’ansia di cadere. Tale sintomo si manifesta quando si sogna di cadere, nella paura delle grandi altezze, e nella paura di innamorarsi.

Tutte le forme dell’analisi di cadere traducono la paura di una perdita di controllo sull’Io e sappiamo che innamorarsi è una forma di resa dell’Io.

Oltre alle funzioni di supporto, le gambe sono le strutture più importanti del nostro corpo. Quando la funzione di supporto è debole, ci può essere un disturbo della motilità.

Misuriamo la motilità delle gambe dalla capacità di far oscillare liberamente il bacino senza usare nessuna parte del tronco nel movimento. Tutti i muscoli della gamba devono essere rilassati.

La spina dorsale è un importante elemento strutturale del corpo. Quindi la debolezza della spina dorsale si riflette in un grave disturbo della personalità. Chi ha una spina dorsale curva non può avere la forza dell’Io di una persona la cui spina dorsale è dritta. Ma la rigidità della spina dorsale, mentre aumenta la forza per sorreggersi, diminuisce la flessibilità. Tali individui spesso hanno dolore nella parte inferiore della schiena.

Esiste un’antitesi tra metà superiore e metà inferiore del corpo. Non è insolito vedere un uomo con le spalle larghe e le anche strette, e con le gambe deboli e sottili. E’ come se l’energia si concentrasse nella parte superiore. .

L’autore distingue poi tra nevrosi e psicosi.

I disturbi di carattere nevrotico hanno un rapporto più o meno problematico con la realtà ma mantengono un contatto con essa. L’individuo schizofrenico invece ha perso il contatto con la realtà. La parola “schizofrenia” significa scissione della mente e, per estensione, scissione della personalità.

In genere lo schizofrenico proviene da un ambiente familiare travagliato e disturbato.

Uno dei sintomi più impressionanti che l’individuo schizofrenico presenta è il fenomeno della spersonalizzazione. In questa perdita del contatto con il corpo c’è una perdita di contatto con la realtà. Tale perdita genera un senso di estraneità e irrealtà. Talvolta l’individuo ha l’impressione di guardare sé stesso dall’esterno del proprio corpo. Più spesso la spersonalizzazione è limitata ad una parte del corpo, percepita come una struttura estranea.

Nelle conclusioni del libro, Lowen sottolinea l’importanza, per la terapia bioenergetica, che il terapeuta abbia una conoscenza completa delle dinamiche del movimento corporeo. Osservando quali parti del corpo sono trattenute nell’azione, possiamo capire la natura del blocco posto alla liberazione dell’emozione appropriata.

A livello psicologico, si può interpretare come un’affermazione dell’integrità dell’Io. A livello fisico implica l’assenza di spasticità e di tensioni croniche nei muscoli del corpo.

In questo modo possiamo conoscere l’importanza dell’espressione del corpo come riflesso delle sue qualità interiori. Potremmo usare il termine grazia in modo estensivo per esprimere questo ideale di armonia fisica in movimento.

“Il dottor Živago” di Boris Pasternak

Leggendo un saggio di Calvino sul Dottor Živago, mi sono tornate in mente le sensazioni di meraviglia che avevano accompagnato la mia lettura di questo grande romanzo.

Riporto una sintesi di tale articolo che fa comprendere l’importanza e la bellezza di questo capolavoro della letteratura mondiale.

La prima impressione che suscitò la lettura del Dottor Živago, uscito in Italia nel 1956, fu quello di trovarsi davanti al ritorno del grande romanzo russo dell’Ottocento. Ma questa sensazione non durerà a lungo.

L’assunto principale del pensiero di Pasternak è che la natura e la storia non appartengono a due ordini diversi ma formino un continuo in cui le esperienze umane sono immerse e dal quale sono determinate. Questo idea viene resa meglio attraverso la narrazione che mediante riflessioni teoriche, come avveniva spesso nei romanzi del secolo precedente.

Il significato del libro quindi è da ricercare non nella somma delle idee enunciate ma in quella delle immagini, delle sensazioni e dei silenzi.

Del resto non è nemmeno sensato collocare il Dottor Živago prima della dissoluzione novecentesca del romanzo.

Infatti le vie di tale dissoluzione sono presenti entrambe in questo romanzo. Da una parte il frantumarsi dell’oggettività realistica nell’immediatezza delle sensazioni. Dall’altra, l’oggettivarsi della tecnica dell’intreccio che viene considerato in sé, portando alla parodia e al gioco di un romanzo costruito “romanzescamente”.

Pastenak porta questo gioco alle estreme conseguenze, costruendo una trama di coincidenze continue, attraverso tutta la Russia, in cui una quindicina di personaggi non fanno altro che incontrarsi per combinazione, come se ci fossero solo loro.

Nel romanzo è di fondamentale importanza il ruolo della natura che non è più il romantico repertorio dei simboli del mondo interiore del poeta ma è qualcosa che è prima e dopo e dappertutto, che l’uomo non può modificare ma solo cercare di capire.

Il muoversi nella natura contiene e informa ogni altro avvenimento o sentimento umano: uno slancio epico nel descrivere lo scroscio degli acquazzoni e lo sciogliersi delle nevi.

Il poeta cerca di inglobare in un unico discorso natura e storia umana per una definizione totale della vita: il profumo dei tigli e il rumore della folla rivoluzionaria mentre Živago nel ’17 va verso Mosca.

Italo Calvino- “Perché leggere i classici”

Perché leggere i classici” è una raccolta di saggi su grandi autori del passato e del presente pubblicata postuma nel 1991.

Questo testo contiene 36 scritti, principalmente risalenti agli anni Settanta e Ottanta su vari autori, da Omero a Queneau, che sono stati importanti per Calvino.

Nel saggio che dà il nome alla raccolta l’autore prova a dare varie definizioni di che cosa sia un classico. Ne riporto alcune.

La prima è abbastanza ovvia ma fondamentale:

Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati”

Calvino sostiene che le letture giovanili possono essere poco proficue per impazienza e inesperienza della vita. Ma allo stesso tempo, possono essere formative nel senso che danno forma ad un’esperienza futura, fornendo modelli, termini di paragone e scale di valore.

Rileggendo il libro in età matura, può accadere di ritrovare queste costanti che ormai fanno parte di meccanismi interiori consolidati.

Per questo motivo, afferma Calvino, ci dovrebbe essere un tempo nella vita dedicato a rivisitare le letture più importanti della gioventù. Se i libri sono rimasti gli stessi, noi siamo certamente cambiati, e l’incontro sarà un avvenimento completamente nuovo.

Quindi:

D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”

e, inoltre,

Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”

Un classico porta dietro di sé anche le tracce che hanno lasciato nelle culture che hanno attraversato. Così, se leggo l’Odissea, non posso dimenticare tutto ciò che questo testo ha significato nel corso dei secoli e non posso non chiedermi se questi significati erano impliciti nel testo o se sono incrostazioni o deformazioni che si sono accumulate nel tempo.

Per questo motivo è fondamentale la lettura diretta dei testi originali, evitando critica, commenti e interpretazioni.

La scuola dovrebbe veicolare il messaggio che nessun libro che parla di un libro dice più del libro stesso. Invece fa di tutto per far credere il contrario.

Quindi:

Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso”

Non dobbiamo leggere un classico per dovere o per rispetto, ma solo per amore. Se la scintilla non scocca, non c’è niente da fare.

Tranne che a scuola. La scuola deve farti conoscere un certo numero di classici tra i quali ognuno potrà riconoscere i suoi classici. Deve darti degli strumenti per scegliere. Ma le scelte che contano davvero sono quelle che avvengono fuori dalla scuola.

Il tuo classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui”

Importante è anche avere ben presente da dove stai leggendo un classico. L’attualità può essere banale e mortificante ma è un punto in cui situarci per guardare in avanti o indietro. Bisogna quindi alternare ai classici le letture d’attualità.

Da questo si deduce che:

E’ classico ciò che tende a relegare l’attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno”

Calvino conclude il saggio affermando che ognuno dovrebbe inventarsi una biblioteca ideale dei propri classici: la metà dovrebbe comprendere libri che abbiamo letto e siano stati importanti per noi; l’altra metà da libri che ci proponiamo di leggere e pensiamo possano contare. Lasciando qualche posto vuoto per le scoperte occasionali e le sorprese.

Sono molti gli articoli e i saggi di notevole importanza contenuti in questa raccolta che consiglio a tutti di leggere. Calvino spazia da Ovidio a Gadda, da Senofonte a Borges, dall’Ariosto a Pasternak.

Per ragioni di spazio qui mi concentrerò sull’Odissea.

All’inizio del poema, la Telemachia è la ricerca d’un racconto che ancora non c’è. Ulisse non è ancora tornato e Telemaco parte alla ricerca di notizie del padre ( e del racconto) andando presso i veterani della guerra di Troia. Se troverà il racconto, Itaca uscirà dall’informe situazione senza tempo e senza legge in cui si trova da tanti anni.

Dopo aver ascoltato tante storie che non servono al suo scopo, Telemaco incontra Menelao che gli narra una fantastica avventura. Egli è riuscito a catturare il “vecchio del mare”, Proteo, e lo costringe a raccontargli il passato e il futuro.

Proteo conosceva sicuramente tutta l’Odissea; comincia a raccontare le vicende di Ulisse dallo stesso punto in cui attacca Omero, con l’eroe che si trova da Calipso.

Si interrompe e a questo punto Omero gli dà il cambio e seguita il racconto.

Quindi questo ritorno-racconto esiste prima di essere compiuto, preesiste alla propria attuazione. Ma il ritorno deve esser pensato e ricordato, altrimenti può essere smarrito prima che sia avvenuto.

Ulisse-Omero raccontava la stessa esperienza ora nel linguaggio del vissuto, ora nel linguaggio del mito, così come ancora per noi ogni nostro viaggio, piccolo e grande che sia, è sempre l’Odissea.

Carver e la scrittura essenziale

«È difficile essere semplici. La lingua dei miei racconti è quella di cui la gente fa comunemente uso, ma al tempo stesso è una prosa che va sottoposta a un duro lavoro prima che risulti trasparente, cristallina. Questa non è una contraddizione in termini. Arrivo a sottoporre un racconto persino a quindici revisioni. A ogni revisione il racconto cambia. Ma non c’è nulla di automatico; si tratta piuttosto di un processo. Scrivere è un processo di rivelazione.»

Questa affermazione che Carver fa in un intervista del 1987 racchiude l’essenza stessa della sua scrittura, risultato finale di un lungo processo di revisione che hanno contribuito a renderlo un autore di culto.

Infatti la particolarità di Carver è quella di raccontare la quotidianità dell’America del suo tempo con uno stile privo di fronzoli ma molto curato.

Carver viene da una famiglia della working class e per molti anni lui stesso ha svolto lavori umili per mantenere la moglie e i figli. Nella sua scrittura fa rivivere questo mondo dove i protagonisti affrontano molteplici difficoltà per sbarcare il lunario e spesso annegano le angosce di tutti i giorni nell’alcol. Non ci sono grandi avvenimenti nei suoi racconti, ma la semplicità della vita di tutti i giorni, talvolta drammatica, talvolta semplicemente priva di senso se si scava sotto una superficie che può apparire anche bella e patinata in certi casi.

Spesso lo scrittore non spiega tutto al lettore, ma tratteggia delle situazioni a cui quest’ultimo con la sua immaginazione deve trovare un senso che quasi sempre è drammatico e senza speranze.

La raccolta “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, pubblicata nel 1981, aveva la sua peculiarità proprio nel fatto di avere uno stile molto lineare e scarno.

Ad onor del vero bisogna dire che la versione originale, che troviamo sotto il titolo di “Principianti”, era molto più ampia di questa. Tale testo è stato tagliato e sistemato dal famoso editor Gordon Lish che lo ha reso molto più snello e essenziale, contribuendo al suo enorme successo.
Carver probabilmente non era del tutto d’accordo con questo ampio lavoro di sfrondamento e alla fine della carriera rivendica l’importanza del testo originario come più vicino al suo modo di scrivere.

Nel corso della sua carriera Carver cercherà di allontanarsi dallo stile di questa raccolta e, dopo un lavoro incessante, approderà alla conquista di una sua originalità. Dal realismo rarefatto della prime raccolte raggiungerà il realismo visionario delle ultime, consegnandosi alla storia della letteratura del Novecento.

Tim Marshall- “Le dieci mappe che spiegano il mondo”

“Le dieci mappe che spiegano il mondo” è un saggio dello scrittore e giornalista inglese Tim Marshall pubblicato nel 2017.

Marshall è un grande esperto di politica estera, con oltre venticinque anni di esperienza giornalistica in cui ha seguito numerosi eventi bellici.

In questo libro, scritto in modo chiaro e appassionante, l‘autore fa sua la teoria del determinismo geografico, secondo la quale la conformazione territoriale di uno stato definisce in modo spesso decisivo quale potrà essere il suo sviluppo.

Quindi la presenza di barriere naturali come montagne, oppure di una rete fluviale articolata e navigabile, o di risorse naturali possono avere un aspetto rilevante su tanti aspetti della nostra società, come la strategia politica, militare o lo sviluppo sociale o del commercio.

Per quale motivo, per esempio, Cina e India, che hanno in comune un confine lunghissimo, non si sono mai scontrate in una guerra vera e propria? Semplicemente perché li separa la catena montuosa più alta al mondo, l’Himalaya.

Esaminando il più grande stato al mondo, ovvero la Russia, Marshall afferma che la mancanza di un porto in acque temperate è sempre stato il tallone d’Achille di questo Paese e l’annessione della Crimea risponde in parte a questa esigenza, anche se si trova in un mare interno come il Mar Nero. Avere porti le cui acque ghiacciano diversi mesi l’anno contribuisce a fare della Russia uno stato geograficamente svantaggiato. E se non avesse grandi disponibilità di gas e petrolio, lo sarebbe ancora di più.

L’Europa occidentale ha avuto dalla sua parte un clima che ha assicurato alla regione le piogge necessarie per le coltivazioni intensive e il suolo adatto per portarle a maturazione. Una rete di fiumi navigabili e spesso collegati tra di loro hanno fatto il resto.

Al contrario l’Africa non è stata favorita dal suo territorio, a causa della mancanza di porti naturali, avendo coste piatte, e della caratteristica dei fiumi, molto grandi e ricchi d’acqua ma inadatti come via di trasporto a causa della presenza di numerose cascate. Inoltre il commercio via terra è stato ostacolato da ampie zone difficili da attraversare, come deserti e giungle. Anche il clima, che ha favorito la diffusione della malaria in diverse zone del continente, non ha certo contribuito al suo sviluppo.

In questo testo l’autore analizza tutte le varie regioni del mondo, dagli Stati Uniti all’America Latina, dal Medio Oriente all’Asia, soffermandosi in particolare sulla Cina e di ognuna di queste, esamina la conformazione del territorio e di come questo abbia influito o ostacolato il suo sviluppo. L’ultimo capitolo del libro riguarda una zona quasi totalmente disabitata, ma che con il progressivo ed irreversibile scioglimento dei ghiacci, è già diventata la meta delle mira dei Paesi che vi si affacciano, per la presenza massiccia di minerali e fonti di energia: l’Artide.

In questa zona, i più attrezzati e con una presenza più massiccia sono senz’altro i russi, sicuramente in vantaggio rispetto ad altri popoli nell’affrontare condizioni climatiche così difficili.

I paesi e le aziende che vorranno mettere le mani sulle ricchezze dell’Artide dovranno sfidare un clima impossibile, con notti senza fine, il mare che ghiaccia diversi mesi l’anno e onde che a largo raggiungono i 10 metri.

Il progresso tecnologico può in parte aiutare a superare questi ostacoli ma non li eliminerà del tutto. Per questo motivo, ci sarà bisogno della solidarietà e l’aiuto reciproco di popoli diversi per superare le difficoltà.

L’apertura nei confronti dell’altro dovrebbe prevalere sulla competizione per le risorse. Ma su questo punto sembra che ci sia ancora tanta strada da fare.

J. Swift- “I viaggi di Gulliver”

I viaggi di Gulliver” è un romanzo pubblicato da Jonathan Swift nel 1726.

Inizialmente ritenuto un libro per ragazzi, a causa della presenza di avventure e invenzioni fantasiose, ben presto fu chiaro che l’intento dell’autore era quello di fare una feroce satira della società contemporanea inglese e francese.

Infatti Swift narra le vicende del chirurgo di bordo Gulliver con un occhio che si rivolge costantemente alla realtà storica del Settececento e della condizione dell’uomo in generale.

L’autore fa il resoconto dei viaggi presso popoli singolari e ognuno dei viaggi diventa il pretesto per irridere i meccanismi della politica, l’avidità dell’uomo, l’assurdità del sistema giudiziario e dei pretesti per scatenare le guerre.

I viaggi per mare portano Gulliver prima nel regno di Lilliput, rispetto ai cui abitanti lui è un gigante; poi in quello degli uomini giganti, dove è un essere piccolo e indifeso, in un continuo cambio di prospettiva e del punto di vista che mettono in rilievo la precarietà della condizione dell’uomo.

Passando dall’isola volante di Laputa e dalla terra di Lagado, giunge nel luogo dove cavalli intelligenti regnano su omuncoli ripugnanti sia fisicamente che moralmente ai quali, suo malgrado, il protagonista si accorge di assomigliare.

Il soggiorno tra questi nobili e saggi esseri gli permette di migliorare costantemente e di capire che per vivere bene non è necessario avere più del necessario. Ma la sua imperfetta condizione lo costringerà ad allontanarsi anche da questa terra di pace, in quanto non ritenuto degno, e a tornare in patria dove per molti anni dovrà combattere con il disgusto che i suoi simili gli provocano, ora che riesce a vederli con la luce della verità, cioè come essere egoisti, viscidi, litigiosi e dalle continue brame inappagabili.
Un romanzo sempre attuale nonostante sia stato scritto all’inizio del Settecento in cui si parla di avventure per mare ma allo stesso si fa una spietata satira della società che lascia poco spazio ad una possibile redenzione.

Tom Nichols “La conoscenza e i suoi nemici: l’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia”

In questo libro uscito poco più di un anno fa, lo studioso americano Nichols analizza i cambiamenti della società americana degli ultimi decenni che hanno posto le basi per la nascita di una vera e propria società dell’incompetenza che mina le basi stesse della democrazia rappresentativa.

Come si è arrivati ad una situazione del genere, visto che oggi tutti possono accedere ad una massa di informazione enorme, grazie all’utilizzo di Internet e ad un livello di istruzione che in generale cresce sempre di più?

Secondo l’autore proprio tali cambiamenti, che avrebbero potuto essere una opportunità, hanno convinto i singoli individui che ognuno potesse farsi un’opinione su qualsiasi campo del sapere pur non avendo conoscenze specifiche a riguardo.

Farsi un’idea sulla necessità o meno di vaccinare la popolazione, per esempio, non significa infatti avere gli strumenti per mettersi sullo stesso piano dei virologi che studiano da anni questa tematica. Eppure si è diffusa l’idea che le opinioni di chi si informa su siti Internet possano avere il solito peso di un esperto in materia.

In generale possiamo dire che si è affermato non solo un rifiuto del sapere esistente, ma anche della scienza e della razionalità obiettiva e talvolta si preferisce essere trasportati dall’onda emotiva che seguire un ragionamento logico.

Negli Stati Uniti, dove la visione è fortemente incentrata sulle libertà individuali, questa resistenza all’autorità intellettuale è maggiormente presente rispetto ad altre democrazie. Ma se tale sentimento è sempre stato presente nella società americana, negli ultimi anni la diffidenza nei confronti dei saperi costituiti si è trasformata in una vera e propria ostilità con reazioni che arrivano ad essere anche molto aggressive se si mette in dubbio il singolo punto di vista.

Un esempio che l’autore fa di idee contrarie alle conoscenze scientifiche odierne è quello del movimento del latte crudo che sosteneva che i prodotti lattiero-caseari non trattati non sono solo più buoni ma anche più sani per gli esseri umani.

E anche se i Centri per il Controllo delle Malattie hanno evidenziato che i latticini non pastorizzati presentano una probabilità di causare malattie 150 volte maggiore rispetto ai prodotti non pastorizzati, molti sono ancora convinti come sia inutile ascoltare i medici, visto che si sono sbagliati molte volte.

E’ innegabile che gli esperti si siano talvolta sbagliati ma, se allarghiamo lo sguardo su un panorama più ampio, i numeri ci dicono che questi hanno ragione molto più spesso di quanto si sbaglino, soprattutto nelle questioni essenziali.

Tra i responsabili della proliferazione di idee distorte, talvolta complottistiche, che si oppongono al sapere costituito, c’è sicuramente l’uso distorto di Internet che permette di accedere ad un’enorme mole di informazioni che vengono fruite in maniera superficiale e troppo rapida. Questa modalità non permette di comprendere appieno la complessità delle cose e spesso si preferisce fare proprie teorie o slogan che tendono a semplificare eccessivamente gli eventi.

L’autore riscontra anche un appiattimento verso il basso dei college americani, più preoccupati di attirare potenziali clienti che di porsi come luoghi dove faticosamente si cerca di raggiungere delle conoscenze approfondite delle varie materie di studio.

Per uscire da questa pericolosa situazione, secondo lo studioso gli esperti dovrebbero evitare di chiudersi nelle loro torri di avorio e i profani sforzarsi di informarsi in modo più attento e consapevole per non lasciarsi raggirarsi dall’imbonitore di turno.

Quello di Nichols è sicuramente un libro interessante, anche se a tratti un po’ ripetitivo, che ci fa riflettere su tanti aspetti della realtà americana.

Tali situazioni li ritroviamo con le stesse inquietanti modalità anche nella nostra società.