Petrarca, in una famosa lettera del suo epistolario, racconta l’ascesa che fece con il fratello al Monte Ventoso, una delle cime più difficili da scalare della zona della Provenza a causa della sua ripidezza. Era una zona nota al poeta italiano, che trascorse l’infanzia in quei luoghi e la sagoma del Monte era visibile da ogni direzione.
L’ascesa è molto impegnativa soprattutto per Petrarca che interpreta le sue difficoltà come allegoria del suo essere appesantito dalle lusinghe del mondo. Così, mentre il fratello Gherardo che è diventato monaco sale facilmente per i sentieri più erti e diretti verso la cima, Francesco si attarda cercando una via più lunga ma meno faticosa che rallenta parecchio la sua ascesa.
Durante la salita, riflette anche sulla vanità del suo amore per Laura e della necessità di distaccarsi da questa passione terrena, ma nonostante questa consapevolezza non riesce a liberarsene del tutto.
Quando finalmente giunge a destinazione, apre a caso una pagina delle Confessioni di Sant’ Agostino che porta sempre con sé e legge le seguenti parole: “e vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi”.
Questo passo fa vergognare Petrarca per il fatto che ancora ammiri le cose terrene, quando niente è importante contemplare quanto l’anima.
Ricordo benissimo questi pensieri di Petrarca: il volere tendere verso l’anima e la debolezza dell’essere umano verso le cose materiali. Ricordo, fra i banchi di scuola quanto mi piacquero i suoi pensieri!
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Ps. Ho mangiato la virgola dopo “scuola”
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Anch’io rimasi colpita da questo testo quando lo studiai a scuola! Una recente vacanza in montagna me lo ha fatto ricordare e sono andata a rileggerlo!
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