Con Anello d’oro, nell’ambito di un viaggio in Russia, si indica un tour che tocca alcune importanti città della zona che va da Mosca al Volga, un insieme di luoghi dal “glorioso passato e dal grandissimo interesse artistico ed architettonico”, che offrono “uno spaccato della provincia, dove si può percepire, lontano dalle grandi città, la vera anima del popolo russo”.
Queste belle parole lette in un depliant, dopo l’accorato e disinteressato suggerimento della signora dell’agenzia turistica, ci convinsero, me e il mio compagno, a sacrificare alcuni giorni della visita di città come Mosca e San Pietroburgo e concederci un po’ di tempo per esplorare queste zone remote e misteriose che ci avrebbero donato una maggiore consapevolezza della Grande Madre Russia.
Partimmo dunque, accompagnati da una gentile guida locale che avrebbe curato tutti gli aspetti organizzativi e ci avrebbe fatto visitare alcune di queste che, inizialmente, pensavamo fossero poco più che villaggi mentre spesso ci trovammo in centri che oltrepassavano i seicentomila abitanti.
Il tempo non ci fu amico e attraversammo quella che doveva essere la suggestiva campagna russa sotto una pioggia battente e, forse anche per questo, non riuscimmo ad apprezzarne tutte le sue bellezze; ci appariva piuttosto come un’immensa, piatta distesa di pianure, intervallate a tratti da qualche dacia, le casette di campagna che erano l’unica nota di colore in quello squallore.
La prima tappa del viaggio fu il monastero di Sergiev Posad, ubicato a 70 km da Mosca, il principale luogo spirituale di tutta la Russia, meta di pellegrini alla ricerca di benedizioni. La guida locale ci mostrò rapidamente alcune delle presunte bellezze locali e poi si dilungò molto di più sull’aspetto religioso che, in quanto atei, non incontrò troppo il nostro interesse.
Le cupole a cipolla, di colore azzurro e dorato, dei vari edifici ci sembrarono non eccezionali dal punto di vista artistico, come un po’ tutto il complesso architettonico, forse perché abituati agli edifici religiosi nostrani. Ma pensammo che fosse semplicemente un modo diverso di concepire la religiosità, più spirituale e meno appariscente e pensammo che fosse da rispettare. Rimaneva il fatto che Sergiev Posad non lasciò un’impronta profonda ed indelebile nelle nostre menti e nei nostri cuori.
Nel corso del tour ci portarono a visitare anche altri centri come Kostroma e Sudzal, ma la città più significativa che vedemmo fu Yaroslav, famosa soprattutto perché dall’alto vi si può ammirare la confluenza del fiume Kotorosl con il maestoso Volga,
Quando giungemmo in questa città, avemmo la fortuna di avere la serata libera e potemmo aggirarci lungamente a piedi per strade e piazze, esplorando luoghi e soffermandoci in angoli che ci colpivano particolarmente.
Infatti, per la prima volta ci avevano convinto, immagino con l’inganno, che la Russia non era un posto sicuro e, soprattutto se non si conosceva la lingua, si poteva incorrere in spiacevoli sorprese. Così avevamo optato per un viaggio organizzato in luogo del solito “fai da te”.
Ci pentimmo amaramente di questa scelta e l’ulteriore riprova l’avemmo il giorno dopo quando la guida locale ci condusse a visitate luoghi che non ci sembrarono irrinunciabili, come per esempio il mercato locale, mentre nell’itinerario consigliato non c’era traccia degli scorci che avevamo scoperto la sera prima.
Parlando con la guida, potemmo comunque farci un’idea sulla mentalità dei sudditi di “Nostro Presidente”, come lo chiamavano loro.
Infatti la ragazza che ci accompagnava ci fece una lunga sviolinata sui valori religiosi che dovevano permeare tutta la società e dell’importanza della famiglia, nella quale la donna doveva praticare la virtù della pazienza per evitare che si potessero sfaldare i sacri vincoli coniugali. Concluse con l’elogio dell’uomo russo che, al contrario di quanto si possa pensare, non beve affatto perché non avrebbe tempo per farlo, essendo operoso in ogni parte della sua giornata per sostenere nel migliore dei modi la propria famiglia.
Arricchiti da questa magnifica scoperta, potemmo continuare il nostro viaggio, felici che fosse stata sfatata questa leggenda sull’uomo russo che butta giù vodka dalla mattina alla sera e muore di cirrosi a cinquant’anni.